Passano circa 35 anni e, col solito fèisbùc ritrovo Annibale, anche lui fissato con le 2 ruote. Ci incontriamo a Milano, alla Stazione delle bici (ah, grazie Davide!), e dove se no? Ci raccontiamo in un’ora o poco più i ¾ di vita che mancavano all’appello della nostra antica amicizia liceale romana. Mi manda una “letturina estiva”, davvero gustosa. Ediciclo e Annibale non me ne vorranno, spero, ma io ve ne anticipo ugualmente qualche riga. (…)
“Sant’Ambrogio 2003, al buio delle ore zerosei, Arco della Pace: una decina di ciclisti urbani, figli di critical mass, cugini dei bike messengers, nipoti dei pistard degli anni Sessanta si trovano (tam tam passaparola mailinglist) per un ciclo-delirio di quaranta minuti nell’alba metropolitana. Nessuna regola, nessuna rete di protezione, solo una città come non l’hai mai vista, dove la conoscenza del territorio conta più della forma atletica. (…) È lei, si chiama Traccia e vi racconto la sua storia. C’era una volta una microfusione in acciaio, nata negli anni Cinquanta a Schaffhausen: la testa di una forcella, piatta, foderi da ventidue. Per una cinquantina d’anni abbandonata sugli scaffali ordinati del Vanni Losa”. (…)
Il titolo del racconto è “Le prime due bici e la Cinquecento blu” e l’autore si chiama Annibale Osti (nella foto sopra), la cui nota biografica ricorda che “vive a Milano, ha tre figli e lavora in una società di consulenza finanziaria. È impegnato in varie attività a carattere ciclistico, sociale e culturale”. Annibale, il mio vecchio amico ritrovato, verrà pubblicato presto, assieme ad altri, da Ediciclo.
No comments:
Post a Comment